Storia del costume (da bagno)
Dai completi di lana al brokini, ripercorriamo le mille vite di un indumento che negli anni è
stato in grado di creare momenti iconici nella storia della cultura pop
Raccontare la storia dei costumi da bagno significa raccontare la storia del costume in senso più
ampio. Dagli ingombranti completi in lana al bikini da uomo, pochi capi di abbigliamento hanno
cambiato pelle tanto spesso, in alcuni casi prendendosi la responsabilità di mostrarsi rivoluzionari e
audaci rispetto alle abitudini della loro epoca. Facciamo un tuffo (è proprio il caso di dirlo) nei
passaggi più salienti di questa storia.
Le invenzioni degli antichi Romani
Per iniziare il nostro percorso dobbiamo tornare indietro fino ai tempi dell’antica Roma. Qui non
troviamo i costumi maschili, ma i primi teli da bagno e un particolare tipo di bikini. Gran parte
degli incontri nella Città eterna si svolgevano infatti nelle terme (se ne contavano oltre ottocento)
dove, passando fra le vasche di varie temperature, si faceva la doccia (inventata proprio dai
Romani) e si usavano degli asciugamani in cotone bianco. Un’altra invenzione dei nostri antenati
imperiali fu il bikini, che però non serviva come oggi per fare il bagno ma era usato dalle atlete
durante i giochi, come dimostrano i mosaici di Piazza Armerina.
Il peso della lana inzuppata
I primi veri costumi da bagno sono invece legati all’epoca vittoriana. Immaginate di immergervi in
acqua indossando un completo di lana pesante, magari del tipo che irrita la pelle e fa grattare. Bene,
nell’Ottocento, in Inghilterra, ci si presentava in spiaggia proprio così: un completo con i bottoni
davanti, come i pigiami per bambini, ma con vistose righe orizzontali.
Nella stessa epoca, in Francia, si era meno pudichi, almeno a giudicare da quanto si può vedere nel
dipinto I bagnanti ad Asnières di Georges Seurat. Vi sono rappresentati cinque ragazzi
(probabilmente operai delle fabbriche di Clichy, visibili sullo sfondo) mentre prendono il sole o
saggiano la temperatura della Senna. I costumi sono modernissimi, al punto che il dipinto sembra
quasi raffigurare un gruppo di giovani dei nostri tempi.
Redford, Di Caprio e Reagan bagnino
Arriviamo così ai primi del Novecento. Jay Gatsby – eroe letterario degli anni Venti, interpretato
da Robert Redford nella versione cinematografica del 1974 di Il grande Gatsby, romanzo
capolavoro di Francis Scott Fitzgerald – indossa shorts molto attillati con cintura, canottiera a righe
con rimandi vittoriani (ma questa volta in cotone). Meno attendibile sembra la ricostruzione
effettuata nel remake del 2013, in cui è Leonardo Di Caprio a vestire i panni di Gatsby: l’attore di
Titanic sfoggia un costume intero come quelli usati dal nuotatore olimpico Johnny Weissmuller alle
Olimpiadi estive di Parigi 1924. Un indumento “tecnico” che nessun gentiluomo avrebbe indossato
in spiaggia o in piscina. Esiste invece una foto in cui Ronald Reagan esibisce quella mise: prima di
fare l’attore (e di diventare il 40esimo Presidente degli Stati Uniti) aveva infatti lavorato come
bagnino.
Connery, McQueen, Newman: addio alla canottiera
Passano quarant’anni e per le donne arriva la rivoluzione del bikini. Per l’uomo le cose si fanno più
sottili e leggere grazie alle fibre sintetiche. Cade definitivamente l’obbligo della canottiera, così
Sean Connery, nel 1962, nel primo capitolo della saga di 007, oltre che di uccidere ha anche
licenza di mostrare il petto nudo. Lo vediamo strizzato in un paio di pantaloncini da bagno azzurro
bebè incontrare Ursula Andress che esce dalle acque con un bikini bianco che ha fatto epoca. I
tempi, insomma, sono cambiati. Lo dimostrano anche le foto di Paul Newman e Steve McQueen,
veri sirenetti a tinte pastello.
Gli speedo di Magnum P.I.
Gli anni Ottanta si polarizzano attorno a due stili opposti: da un lato i trunks larghi color
rosso-arancio indossati da Mitch Buchannon alias David Hasselhoff in Baywatch, dall’altro gli
speedo, cioè gli slip da bagno, vestiti da un’altra icona del decennio, Tom Selleck, nei panni
dell’investigatore privato Thomas S. Magnum. Del protagonista del fortunato telefilm Magnum P.I.
tutti ricordano le camicie hawaiane, i battibecchi con Higgins, la Ferrari 308 GTS e, appunto, gli
speedo: li indossa come biancheria intima nel caso debba tuffarsi in acqua per rincorrere una
ragazza o per sfuggire a un creditore.
Gli slip da bagno sono comunemente chiamati speedo per via del brand che più di altre li ha resi
celebri: la Speedo (con la s maiuscola). Il nome che l’azienda dà a quel tipo di costumi, in realtà, è
brief. La Speedo ne decanta i vantaggi rispetto ai modelli più coprenti: si va dalla maggiore
comodità per il nuoto (sono stati introdotti per la prima volta alle Olimpiadi messicane del 1968) ai
ridotti tempi di asciugatura, fino alle iniziative dedicate alla body confidence: non è necessario
essere modelli o culturisti per indossarli.
Dal mankini di Borat al brokini dei più audaci
Sulla body confidence Jack Black potrebbe tenere un corso universitario: per festeggiare il nuovo
anno l’attore ha fatto la sua apparizione su YouTube vestito da Iron Man. A dire il vero dell’eroe
Marvel l’attore indossava solamente il casco abbinato proprio a uno speedo rosso.
Oggi, chi volesse mirare a stupire potrebbe puntare sul mankini, magari scegliendo il modello
verde acido indossato da Sasha Baron Cohen in Borat – Studio cultuale sull’America a beneficio
della gloriosa nazione del Kazakistan (2005), per poi dimenticarlo in un cassetto assieme al
coraggio necessario per indossarlo. L’ultima frontiera dell’audacità (o della sfida al buon gusto?) è
poi il brokini. Si tratta di un mankini monospalla, nato nell’estate 2020 da un’idea di Taylor Field
e Chad Sasko, due ragazzi canadesi che lo definiscono “il capo perfetto per deludere i vostri
genitori: saranno costretti a chiedersi cosa hanno sbagliato”. Se l’obiettivo è questo, facile
prevedere che lo centrerà facilmente…